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Fra figli, lavoro, marito, preparare la cena, fare il bucato e portare il cane a passeggio, quanto siete felici, davvero?
O meglio, cosa ci vuole per essere davvero felici? C’è una ricetta? Un segreto? Sarà forse quello di accontentarsi? Avere costruito una famiglia, avere tutto il cielo in una stanza (marito, figlia e cane) è davvero tutto quello che volevamo?
Si e no.
Sì perché non esiste niente di più importante al mondo e quello che ho non lo cambierei con niente e nessuno.
No perché in fondo perché non desiderare sempre di più?
Sì perché già è tanto al giorno d’oggi ritrovarsi a 30 anni con una situazione economica decente, una bella casetta e tanto amore dentro.
No perché la vita di una donna non può limitarsi a dare e ricevere amore. Amore in tutte le sue forme di manifestazione: coccole e abbracci, lavatrici e cena in tavola.
Sì perché chi è che al giorno d’oggi, per necessità o per scelta, può permettersi di più?
No perché che male c’è a volere di più?
A dicembre ho fatto una scelta importante e cioè quella di fare nascere mia figlia in una città decisamente più lontana dalla mia di origine. Mi ritrovo oggi (oggi di preciso proprio no, perché al momento sono a casa dei miei al mare in Sicilia, ma comunque da settembre) completamente da sola in una città dove l’unico aiuto che potrei avere per la bambina sono costretta a cercarlo in una tata. Tata che in fondo non si sa chi è, che fa e cosa mai farà se le lascerò Lavinia. Mio marito addirittura quando un giorno gli ho detto che gliela avrei lasciata giusto una mezz’ora per portare il cane a fare la passeggiata, mi ha risposto “e se se la ruba?” Come se stessimo parlando dell’orologio lasciato all’ingresso…
Ho scelto di non avvicinarmi a casa (le alternative erano Reggio Calabria o Siracusa) pensando che una volta partorita Lavinia avrei potuto anche dedicarmi al mio lavoro, lavoro che al sud avrei stentato a trovare.
Mi ritrovo oggi a pensare che sarebbe stata meglio una nonna vicina che tornare a lavoro. In sostanza ormai mi trovo costretta a credere che in qualsiasi caso chi ci ha perso sono io.
In Sicilia avrei potuto godere di qualche momento per me, per la mia vita di coppia: una cena fuori, un cinema, l’anniversario di matrimonio; quì (dove per quì intendo Genova) invece, usando sempre il condizionale, avrei avuto qualche possibilità in più per la mia carriera. Il condizionale si, perché in realtà adesso mettermi a cercare lavoro è praticamente una follia.. Chissà se mai troverei qualcosa ed anche se fosse dovrei lasciare mia figlia ad una perfetta sconosciuta che guadagnerebbe quello che andrei a guadagnare io (se non di più).
Amo e odio quelle donne che a tutto ciò non pensano. O sembrano non pensarci. Quelle che si sono fatte un figlio e non hanno la minima idea di quanto veramente costi mantenerlo, a quanto ammontino le bollette di luce e gas e non si creano problemi di lasciarlo alla tata conosciuta ieri l’altro. Le amo perché in fondo le invidio come razza in se, essendo quelle che di sicuro “campano” meglio. Le odio perché ho studiato e combattuto una vita per non essere come loro.
Lo stato confusionale avanza, quant’è difficile prendere una decisione, fare la cosa giusta, cercare di non dimenticarsi di se?
Lo stato confusionale avanza, ma rimane una grande certezza, enorme vittoria, quella che il 9 Maggio 2016 io ho fatto un capolavoro 